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IL LAVORO CHE CAMBIA

Giugno 27, 2018 Lascia un commento

Il rapporto tematico sul lavoro che cambia sviluppa un’analisi critica di una serie di
stilizzazioni interpretative molto diffuse negli ultimi venti anni. A queste considerazioni si
aggiunge una parte di rassegna di analisi empiriche, sia quantitative che qualitative, svolte
in Italia ed in Europa; la rassegna supporta le affermazioni critiche svolte nella parte
generale del rapporto.

Le stilizzazioni analizzate sono: (1) un massiccio spostamento dell’occupazione dalla
produzione ai servizi; (2) la possibilità attraverso le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione di accedere ai benefici di agglomerazione, tipici di economie locali, su
scala prima impensabile; (3) la nascita di nuove forme di collaborazione-integrazione di
attività tra le imprese; (4) la tendenza alla riduzione dei livelli gerarchici interni alle
imprese con la conseguente riorganizzazione delle funzioni e dei ruoli a tutti i livelli
dell’impresa; (5) la flessibilità come elemento chiave delle nuove pratiche operative;

(6)
l’adozione di Nuove Forme di Organizzazione del Lavoro (NFWO), cioè di un insieme di
pratiche basate sul coordinamento interfunzionale delle attività e su una gestione delle
risorse umane coerente con la domanda di maggiore flessibilità, competenze professionali
maggiori ed un coinvolgimento, secondo la lezione giapponese, dei dipendenti nella
realizzazione delle prestazioni dell’impresa; (7) contestualmente, il diffondersi di un
nuovo concetto per il settore pubblico, il cosiddetto New Public Management (NPM); (8)
la fine o la marginalizzazione del vecchio modello taylorista-fordista di produzione, ed il
suo corrispettivo nel lavoro burocratico; (9) l’affermarsi di un alto contenuto e domanda
di conoscenza nei nuovi lavori e nelle nuove modalità di svolgimento dei vecchi con la
conseguente marginalizzazione chi non è adeguatamente istruito;

(10) il ridursi di
importanza delle competenze manuali tradizionali che verranno man mano assorbite da
sistemi di macchine guidate da sofisticati software – degli “schiavi tecnologici” capaci di
rispondere a comandi vocali o di seguire comportamenti non programmati orientati ad
uno scopo funzionale; (11) la nascita dei nuovi lavoratori specializzati, i lavoratori della
conoscenza, coloro che, organizzeranno e gestiranno i processi lavorativi e costituiranno
la nuova elite, basata sul merito e non sul censo o sul controllo del capitale;

(12) il formarsi
di un’era di riequilibrio oggettivo del rapporto di potere tra Lavoro e Capitale perché il Capitale non avrebbe più avuto bisogno di forza lavoro sostanzialmente infinitamente
intercambiabile – con la eccezione di pochi “capi” o superspecialisti – ma di
un’intelligenza diffusa che avrebbe reso il rapporto di lavoro a tal punto individualizzato
da rendere obsoleti vecchi sistemi di inquadramento e retribuzione; (13) il diffondersi di
sistemi di Relazioni Industriali ad alta “individualizzazione” e di forme di contrattazione
individuale e di superamento della rappresentanza e della contrattazione collettiva; (14) il
superamento dell’epoca della fatica fisica e dei rischi legati all’ambiente lavorativo e il
rischio di una nuova classe di rischi legati al sovraccarico cognitivo.

Il rapporto analizza inoltre le transizioni sul mercato del lavoro e aspetti del rapporto
tra il lavoro e alcuni specifici soggetti.

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